La “manifestazione” come rito collettivo

Il mito di Giuseppe Di Vagno era nel profondo della gente di Conversano: Simona Colarizi, la studiosa che fra i primi si è occupata di Lui in una dimensione scientifica, oltre ad aver scritto che “la sua figura appartiene alla storia nazionale”, ha ricordato che in molte case del popolo di Conversano la foto Di Vagno era custodita negli anni bui della dittatura come un’immagine sacra.
Ma anche per ragioni familiari Giuseppe Di Vagno, già nella fanciullezza, a me era molto noto: della moglie, donna Giuseppina Fanelli, nostra dirimpettaia di casa, mio Zio Sacerdote era il confessore e padre spirituale. Sicché tutto quello che accadeva nella città e che riguardava Di Vagno, da ragazzo, non poteva non incuriosirmi.
Ed innanzitutto i cortei che negli anni ‘50 del novecento i Socialisti organizzavano, anno dopo anno, il giorno dell’assassinio, e non in un clima di serenità! Assieme ai socialisti, in giro per la Città c’erano ancora molti fascisti e loro familiari, assieme ai componenti la squadra omicida in trasferta a Mola.
Ricordo i cortei, con in testa le bandiere rosse, dietro le quali marciavano soprattutto operai; due dei quali portavano fra le braccia un quadro con la fotografia di Giuseppe Di Vagno, immerso in una robusta cornice di legno e un folto serto di verde alloro, che faceva il giro della città, con una sosta al Monumento ai Caduti che allora era situato al limite del Largo della Corte: ed erano volti duri, segnati dal sole e dalla fatica, forse anche dalla rabbia, che passando da quel luogo volevano far comprendere la continuità tra tutti i “caduti per la Patria”: come anche Di Vagno per loro lo era.
Ma ricordo anche una manifestazione organizzata dal Comune, quand’era Sindaco il prof. Vittorio Martino, forse il 1959 (di cui abbiamo una rara testimonianza fotografica), e con Matteo Fantasia leader della DC locale, giunta e assessori, assieme ad esponenti socialisti e comunisti.
Poi, mano a mano, i miei ricordi si fanno sempre più vivi, perché sempre più attiva è stata la partecipazione a quell’evento di rinnovata drammatizzazione di un lutto molto avvertito.
Ma le celebrazioni sono utili o inutili? Lo cominciai a pensare allora, lo penso oggi, vieppiù: la mia risposta, da sempre è che non siano inutili.
Anche le celebrazioni hanno un significato nel tipo di società in cui viviamo, in quanto rappresentano il modo per drammatizzare la memoria.
E la memoria ha bisogno di veicoli e di drammatizzazione, giacché nessuno di noi può pensare che il ricordo che deve rimanere possa essere affidato solo alla lettura delle nostre ponderose e, a volte noiosissime, raccolte storiche, secondo la stessa Colarizi.
E poi perché la drammatizzazione della memoria attraverso le commemorazioni difficilmente può prestarsi ad operazioni di revisione, giacché in genere prevale continuità di giudizi e interpretazioni: com’è accaduto sulla figura di Di Vagno, la cui memoria ha continuato ad essere viva nonostante quella sorta di rimozione operata dalla storiografia nazionale per un trentennio, fra gli anni cinquanta e ottanta del novecento, quando gli storici hanno smesso d’indagare sulle cause del delitto, sul raffronto storicamente ragionato, più che solo emotivo, tra Di Vagno e Matteotti: come, invece, aveva iniziato a fare la stampa d’ispirazione socialista (“Humanitas” e “La Puglia Socialista”) negli anni immediatamente successivi ai due delitti e come di recente ha messo in evidenza “Internazionale” nel fascicolo del del 28 febbraio 2020.
Se si guarda ai discorsi o alle commemorazioni a pochi giorni dall’assassinio di Di Vagno, o a distanza di molti decenni, ritroviamo nei confronti di questa personalità gli stessi riconoscimenti che aveva avuto allora, senza alcuna distorsione: il che è molto importante, ma anche molto raro.
Ma torniamo alle Commemorazioni.
Nelle elezioni del 1963 Peppino Di Vagno, il figlio, è eletto Deputato al Parlamento, e con largo suffragio: a suo sostegno, assieme al popolo socialista conversanese e pugliese, si mossero molti amici suoi sparsi in Italia, alcuni dei quali, Cecchino Tatò e Eugenio Laricchiuta, erano stati amici anche di suo Padre.
Fu naturale, perciò, convocare a Conversano il 25 settembre del 1963 un’imponente manifestazione di ricordo con larghissima partecipazione di popolo di Conversano, della terra di Bari, e non solo.
Tenne l’orazione, in una piazza gremita all’inverosimile, il deputato socialista Leonetto Amadei, grande avvocato toscano, sanguigno e dall’eloquio elegante. Credo fosse Sottosegretario alla Giustizia; poi sarà Giudice e Presidente della Corte Costituzionale.
Fu l’inizio di un percorso lungo, che da quell’anno in gran parte ho vissuto in prima persona; infatti, ogni 25 settembre a Conversano si è svolta la Manifestazione: ormai l’identificavamo così.
Nel 1966, quando per la prima volta (temo l’unica!) fra i socialisti si parlava di unificazione, alla segreteria del PSI venne l’idea di far arrivare a Conversano per la Manifestazione i segretari nazionali dei due partiti che di lì ad un mese si sarebbero unificati: Francesco De Martino per il PSI e Mario Tanassi per il PSDI. Ci recammo a Roma, trattammo. Il 25 settembre, al mattino a Bari e nel Teatro Petruzzelli, alla sera a Conversano, dopo la visita alla Tomba nel Cimitero, un grande comizio in Piazza XX settembre, Francesco De Martino e Mario Tanassi celebrarono l’anniversario. L’evento interessò la stampa nazionale.
Un aspetto politico merita attenzione: la partecipazione dei socialisti, soprattutto non di Conversano.
Il PSI è stato un partito diviso per correnti, in terra di Bari molto litigioso: era la lotta per la leadership tra Di Vagno jr., i Lenoci, Finocchiaro, Pellicani al tempo del PSU, lo stesso Formica, ma anche la frazione minoritaria della sinistra lombardiana. Ma lo scontro più acuto era tra Giuseppe Di Vagno jr. e i Lenoci: Stefano prima, Titino e Claudio in seguito anche se solo marginalmente.
Salvo che alla manifestazione con Bettino Craxi e Felipe Gonzáles del 1977, nel Teatro Petruzzelli gremito all’inverosimile (della quale la Fondazione conserva la registrazione dei discorsi pronunciati) non credo d’aver mai visto mai i Lenoci alle altre edizioni; contrariamente a Rino Formica per il quale il sacrifico di Giuseppe Di Vagno ha rappresentato da sempre lo stigma del Socialismo meridionale.
Va ricordato che alle Manifestazioni organizzate a Conversano hanno partecipato sempre dirigenti socialisti delle altre sezioni di partito: Monopoli, Alberobello, Noci, Putignano, Castellana, Polignano, Gioia del Colle (sempre con la stessa delegazione guidata da Costantino Colacicco); tanti altri Comuni fino a Barletta, Canosa, addirittura Minervino Murge.
Ma le divisioni non risparmiarono neppure Conversano, la nostra città, dove nel 1974 non senza forti contasti interni un gruppo di giovani emergenti rovesciò il precedente assetto: sicché al corteo verso il Cimitero del 25 settembre, con in testa il neo e giovane segretario Lino Lorusso, ci riducemmo ad una ventina di compagni, e non fu un bel vedere!
Negli anni si succedono altri leader nazionali socialisti fra i quali Giacomo Mancini, Giovanni Mosca ed altri.
Ma ormai la manifestazione appare sempre più rituale e stanca, complice la grave crisi che investe, assieme al Partito Socialista, l’intero sistema dell’organizzazione della politica.
Eppure, è d’uopo citarne alcune fra le più importanti che nonostante la crisi si sono succedute nel tempo, anche perché ormai di esse si prende cura la Fondazione Di Vagno la quale, anzi, viene rivitalizzata anche in quella funzione, e non come surrogato della politica e dei partiti.
Il 79° anniversario, nel 2000, si svolge nella Sala del Consiglio Comunale di Conversano, per la circostanza gremitissima di socialisti desiderosi soprattutto di veder ricostruito il partito; la mia relazione commemorativa fu pubblicata, assieme ad altri significativi interventi, nel Volume Giuseppe Di Vagno Documenti e Testimonianze, edito dalla Camera dei Deputati nel 2004.
Nel 2001 cade l’ottantesimo anniversario e per l’occasione si decide di organizzare la Manifestazione assieme: Fondazione Di Vagno, IPSAIC e Fondazione Gramsci di Puglia; una serata a Conversano dove relaziona Gaetano Arfè (che segna la ripresa della ricerca storiografica intorno alla figura di Di Vagno) e la sera precedente a Mola con una tavola rotonda partecipata da Antonio Leuzzi, Luigi Masella e Francesco Fistetti, coordinata da Federico Pirro, giornalista Rai con militanza nel PCI, nella quale con particolare evidenza si notò l’assenza davvero assordante del Sindaco (di sinistra!) della Città, che pure aveva assicurato la partecipazione; la quale simbolicamente avrebbe voluto attestare, da lì in avanti, che la Città nella quale si era consumato il delitto fascista non avrebbe mai più potuto essere assente.
Da quell’anno, dunque, quella ritualità collettiva si svolge accantonando ogni sentimentalismo e affidando il ricordo dell’evento e del suo contesto all’analisi storica.
Dal 2002 hanno partecipato alle iniziative culturali da noi promosse Rino Formica, Beppe Vacca e Simona Colarizi, Adolfo Pepe (Fondazione Di Vittorio) e Rita Candeloro (CGIL), Alfredo Reichlin.
Ci siamo adoperati perché l’istituzione parlamentare dove Giuseppe Di Vagno operò, seppure per troppo breve lasso di tempo, desse il suo sostegno alla dimensione nazionale della nostra memoria.
E i Presidenti della Camera dei Deputati aderirono con convinzione. Nel 2005 con Pier Ferdinando Casini, accompagnato dal Questore della Camera Francesco Colucci, venne presentato il primo dei tre volumi editi sempre dalla Camera; Fausto Bertinotti fu tra noi nel 2007 anche per la presentazione del secondo volume; e Laura Boldrini nel 2014 anche in occasione del Convegno sulla Grande Guerra che studiò l’ostilità al conflitto di Di Vagno.
Nel 2008 si decise che la Manifestazione (dopo il doveroso e collettivo omaggio alla Tomba nel Cimitero di Conversano) si sarebbe svolta a Mola con il Sindaco Mola Nico Berlen, Guido Lorusso e letture scelte, recitate da Pasquale D’Attoma.
Per la Manifestazione del 2010 affidammo la relazione, con l’esordio del giovane socialista Cristiano Boccuzzi, al procuratore della Repubblica di Bari Antonio Laudati sul tema della legalità condivisa. Nella circostanza venne fu annunciato il terzo volume edito sempre dalla Camera sul Processo Di Vagno, fu presentato il docufilm Lutto di civiltà del giovane regista Pierluigi Ferrandini e si dette conto di una emozionante scoperta: quella dell’incontro con Divagno Conti, un signore che nasce nel Casentino (Arezzo) un mese dopo l’assassinio e al quale i genitori decidono d’assegnare Divagno come nome di Battesimo; un nome che lui porterà con orgoglio per tutta la vita, salvo durante il periodo fascista, quando il regime gli impose il nome Mario. Vicenda che altri racconteranno nel dettaglio.
Il Novantesimo anniversario si è celebrato il 5 novembre del 2011 alla presenza del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, e delle maggiori Autorità regionali. Ascoltammo con grande interesse la relazione dello storico Leonardo Rapone.
Ed ancora, nel 2013 ci onorò della sua presenza il Presidente della Corte Costituzionale Franco Gallo, subito dopo il Gemellaggio tra le Città di Conversano e Fratta Polesine, patria di Matteotti, e Trecenta, patria di Nicola Badaloni.
Sono agli anni nei quali abbiamo perseguito con grande determinazione e pazienza un obiettivo per noi essenziale come l’istituzione del Premio nazionale di ricerca Di Vagno, che il Parlamento ha varato nel giugno 2015, che concepiamo come alternativa al Monumento, che pure era nelle più diffuse attese.
Dunque, da quell’anno la Manifestazione si consolida nella sua fisionomia di giornata di studio con la partecipazione come relatore del Presidente dell’Istituto di studi storici socialisti Filippo Turati di Firenze, prof. Maurizio degl’Innocenti, accanto ai deputati Dario Ginefra e Antonio Di Staso, presentatori del Disegno di Legge sul Premio.
La proclamazione del vincitore del Premio, infatti, è per noi il modo più efficace per sottrarre la Manifestazione al forte rischio della retorica.
Sempre in quegli anni un gruppo di giovani socialisti conquista il Comune di Basile, in provincia di Cosenza, e il Sindaco decide d’intitolare una nuova Piazza a Di Vagno con una manifestazione pubblica, molto sobria e suggestiva, alla quale partecipai personalmente.
Ormai da quasi due anni siamo impegnati a preparare al meglio il Centenario, con un vasto programma di ricostruzione storiografica del blocco storico (1918-1922) all’interno del quale viene ucciso Di Vagno, e il fascismo servendosi della violenza s’impadronisce del potere e dello Stato.

Abbiamo voluto negli anni ricordare quella ricorrenza, e con determinazione, nella ferma convinzione che la Memoria va preservata con ostinazione, perché essa è come una pianta che va seminata e nutrita, va attentamente sorvegliata perché possa dare il suo frutto; e perché essa, la Memoria, la pianta che solo se trattata in quel modo può rappresentare il nutrimento per il futuro, solo così potrà sopravvivere ai tempi molto magri di valori e sentimenti che viviamo; al dimenticato senso di comunità al quale, invece, speriamo di essere restituiti al termine dell’emergenza da Covid 19 che il mondo intero attraversa in queste drammatiche settimane e in fondo alle quali ci attente la “ricostruzione” per affrontare la quale, immagino, ancora una volta occorrerà far ricorso sempre a lei: alla Memoria.

Dopo questa riassuntiva narrazione credo sia lecito anche interrogarsi sul valore di quelle Manifestazioni e se sia più giusto pregare privatamente o pregare insieme. Un tempo per pregare, privatamente o insieme, si aveva fede, una parola oggi abbastanza desueta: e sempre di Fede si tratta, sia se “fede” dei credenti nell’aldilà o quella dei laici che lottando per un mondo migliore ha contenuti e destinatari diversi.
E poi, se il rito individuale o quello collettivo sia o non sia la medesima cosa; e personalmente sarei portato a ritenere che non sia.
Lo storico Franco Cardini racconta che Sant’Agostino vide Sant’Ambrogio meditare in silenzio la parola di Dio e ne rimase sconvolto, perché era abituato alla preghiera a voce alta e collettiva come nella tradizione latina.
Infatti, sempre con Cardini: Esiste la preghiera mistica, che si fa in silenzio e da soli, ma, come direbbero gli ebrei, non è la preghiera che Dio predilige. La preghiera privilegiata è quella che il popolo di Dio fa, ordinatamente, tutto insieme.
Se questo è vero per la tradizione religiosa, lo è a maggiore ragione per quella laica, in particolare per tradizioni politiche che per loro essenza affidano il cambiamento alle iniziative collettive e di massa, se non alla (assai improbabile) rivoluzione.
Al centro delle quali non può non esserci la competizione civile e democratica e la lotta contro ogni forma di violenza per la conquista del potere e per la democrazia.
L’esatto contrario di quello che accadde in quella sciagurata sera del 24 settembre, ormai di un secolo fa.

Presidente della Fondazione “Giuseppe Di Vagno (1889-1921)”.

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